Comenius AZ. 3.2  Course DE 57245 - Weimar

“Identity and European Integration, an educational Issue” 

partecipante: prof. Caterina Albana, Istituto Magistrale “A. Rosmini” di Grosseto

 Relazione sull’esperienza realizzata

 (approfondimento dei temi della scheda di valutazione) 

Informazioni.  L’informazione sul corso mi è stata fornita dai colleghi che, da diversi anni, nella mia scuola, curano il servizio DEURE. Ho così avuto modo di consultare l’elenco (affisso in apposita bacheca e comunque da me approfondito sull’apposito sito dell’Agenzia) delle esperienze per cui potevo candidarmi, ho scelto il corso in oggetto e prodotto la candidatura per tempo. 

Materiali e preparazione.  Ho ricevuto a casa dallo staff organizzatore del corso il programma e un floppy, contenente due relazioni in inglese sulle tematiche al centro del corso stesso, che ho provveduto a stampare e che ho studiato durante l’estate e in settembre. Il materiale si è rivelato molto interessante ed ha contribuito in modo decisivo a farmi comprendere il senso e la portata dell’esperienza che avrei condotto e i vari nodi delle tematiche che sarebbero state affrontate, anche grazie agli utili “Thesis statements” che concludevano ogni lavoro. Si tratta di due testi del prof. R. Kraatz (uno dei membri dello staff), “Weimar and Buchenwald - a Focus of German and European History (unpublished manuscript, version A , April 25th, 2000)” e “In Search of Identity - the German Question (unpublished manuscript  in preparation for the COMENIUS - courses 3.2 DE 57245 “Identity and European Integration, an Educational Issue“, January 29th to February 6th,  and October 14th to 22nd, 2000, in Weimar).

Organizzazione. Il corso si è tenuto presso l’Hotel Dorotheenhof, Dorotheenhof 1, 99427 Weimar-Schöndorf, un albergo “quattro stelle” di elevata qualità, circondato da un parco, in cui sia le camere che i locali destinati al corso erano molto confortevoli. Questi ultimi consistevano in un’ampia sala adatta ai congressi (principale luogo delle lezioni) ed in connessi locali per i lavori di gruppo (fra questi, una biblioteca dotata di televisore e videoregistratore e una sala-veranda con diversi tavoli); tutti i locali erano eleganti, spaziosi, luminosi. Buona in genere, o comunque discreta la qualità di pasti e bevande. Lo staff si è avvalso di lavagna luminosa, computer e video-proiettore, lavagna cartacea; queste attrezzature sono risultate ben adeguate all’impostazione del corso (sarebbe stato opportuno, tuttavia, che i corsisti potessero accedere ad Internet o a dei computer ). I lavori si sono rivelati molto intensi, forse troppo nei primi tre giorni, in cui erano previste e sono state realizzate delle relazioni anche dopocena. Questi ritmi in qualche caso hanno messo a dura prova i corsisti, ma sono anche stati molto efficaci, poiché ci hanno consentito di “dominare” la materia in poco tempo. Inoltre, a “spezzare” l’intensità dei lavori hanno provveduto frequenti pause per il caffè e la socializzazione. Lo staff è sempre rimasto nell’hotel insieme ai corsisti, mostrandosi disponibile per qualsiasi esigenza, anche al di là del programma: per esempio, il prof. Kraatz ha accompagnato me ed altri due corsisti per una seconda volta a Buchenwald, per consentirci di acquistare dei libri che non avevamo potuto comprare quando vi eravamo stati la prima volta. Ritengo opportuno segnalare che la collocazione del corso nella cornice confortevole ed elegante sopra descritta ha avuto, a mio parere, un ruolo rilevante nella buona riuscita del corso stesso; trovarsi in un contesto di elevato livello, secondo me, contribuisce a spingere ognuno a dare il meglio di sé.

Realizzazione del corso.  Il programma è stato realizzato pressoché interamente (solo uno dei relatori, il prof. B. Siegmann, non è potuto venire a tenere la sua relazione, per motivi di salute). Sono state tenute 19 relazioni e/o introduzioni alle visite guidate, alle quali si sono accompagnate 2 principali sessioni per lavori di gruppo e vari workshops per gli approfondimenti; sono state effettuate 6 esperienze esterne (visita guidata dei luoghi di  Weimar legati alla vicenda nazista; visita guidata del campo di concentramento di Buchenwald; visita guidata del Buchenwald Memorial, per verificare l’uso della memoria nella ex DDR; visita guidata della città di Jena; incontro con gli studenti di un Liceo di Jena e colloquio sulla ex DDR; incontro con un’esperta di una scuola sperimentale di Jena). I formatori (proff. R. Kraatz, I. Heidelberg, G. Baldwin, F. Pradal, M. Wiklund, Ch. Hakanson, cui si è aggiunta, con la funzione di traduttrice in francese, la signora Christa Holstein) e gli altri relatori (J. Ulbricht, Dr. Rook, A. Stach, U. Haertl e altri) hanno presentato relazioni ed esperienze interessanti; le lezioni erano di tipo frontale, con sussidio audiovisivo, oppure condotte lungo i percorsi da visitare; la traduzione avveniva quasi contestualmente (di solito, ogni due o tre minuti); nessuna relazione è durata più del tempo previsto, i corsisti venivano frequentemente invitati a porgere domande e ad intervenire (domande e risposte venivano subito tradotte). Lo staff ha predisposto un’organizzazione del corso intensa e davvero coinvolgente.

Particolarmente efficace l’organizzazione dei lavori di gruppo e delle esercitazioni, che, da un lato, hanno consentito ai corsisti di “affiatarsi” e lavorare meglio e, dall’altro, hanno permesso lo scambio di e il confronto fra esperienze diverse (hanno anche favorito e agevolato il superamento della difficoltà legata alle diverse lingue, che inizialmente sembravano notevoli). Questi lavori, infatti, venivano poi regolarmente presentati a tutti gli altri, con l’ausilio di lucidi e/o tabelloni. Ai corsisti, inoltre, è stato consentito di presentare le proprie esperienze nazionali e/o i progetti Comenius Azione 1 cui avevano partecipato (sono stati presentati libri, dossier, tabelloni, videocassette), nello spazio previsto per l’unica relazione che non ha avuto luogo..

E’ stata fornita sin dall’inizio una scheda anonima per la valutazione, che eravamo invitati a compilare man mano; le schede sono state poi raccolte, vagliate e l’esito è stato oggetto di esame e discussione. In qualche caso, il tempo per le domane e gli interventi non è risultato del tutto sufficiente, anche a causa della necessità di tradurre via via sia le domande che le risposte.

Sono state previste, come attività sociali, la partecipazione dell’intero gruppo all’opera “Le nozze di Figaro”, presso il teatro di Weimar, ed un pomeriggio “libero”, in cui, per gruppi, abbiamo visitato vari luoghi di Weimar (la casa di Goethe, il Museo della Bauhaus, la casa di Schiller, la biblioteca di Anna Amalia, etc; personalmente, ho gradito molto la possibilità di visitare una mostra sull’Archivio di Nietzsche, organizzata presso la Schillerhaus). Nel corso di queste attività, condotte appunto per gruppi, è stato possibile approfondire la conoscenza dei colleghi, delle loro scuole, dei diversi sistemi scolastici nazionali, delle rispettive esperienze, ecc., oltre che pianificare possibili future collaborazioni (vedi oltre).

Contenuto del corso.  Il materiale fornito, benché tradizionale (fotocopie, opuscoli) era di buona qualità e strettamente collegato agli argomenti. Dopo uno o due giorni,  quasi tutte le relazioni sono state fornite in versione cartacea. I vari temi trattati, abbastanza autonomi gli uni rispetto agli altri, hanno concorso a fornire un quadro d’insieme sul tema principale del corso, hanno presentato un arcipelago di questioni, a volte anche molto diverse (storiche, sociologiche, della comunicazione, pedagogiche, etc.), ma tutte concorrenti a meglio comprendere il tema dell’identità.

La competenza acquisita è sicuramente molto valida, anche se richiede degli approfondimenti per essere riversata nella pratica didattica. Alcune conoscenze sono di utilizzo immediato, altre richiedono un lavoro di “traduzione” prima di essere fornite agli alunni.

Credo che il corso possa essere integrato in un processo di apprendimento più ampio, centrato sui temi dell’insegnamento della storia in Europa, oppure sulla  nuova cittadinanza europea e, per es.,  sull’ingresso di nuove nazioni nell’UE. A questo scopo, ho cercato di instaurare una collaborazione futura con alcuni colleghi ed ho acquistato dei testi per l’approfondimento degli stessi temi. Ho anche acquisito materiali per predisporre varie unità didattiche.

La dimensione europea era molto presente, non solo nei temi affrontati dal corso (il confronto fra i vari metodi di insegnamento della storia, la costruzione dell’identità europea), ma anche nell’esperienza stessa della presenza contemporanea di docenti ben quattordici paesi europei diversi (Gran Bretagna, Portogallo, Spagna, Francia, Belgio, Svizzera, Italia, Finlandia, Svezia, Austria, Grecia e anche Svizzera, Polonia e Repubblica Ceca). Credo sia stata decisiva anche la presenza dei docenti di paesi europei non ancora ammessi nell’Unione. La facilità con cui è stata superata la diversità delle lingue, la comunanza di interessi, le esperienze comuni anche di tipo sociale hanno fatto capire che l’Europa è una realtà effettiva, in cui l’insegnamento può svolgere un ruolo centrale e importante.

La presenza di formatori europei mi è sembrata in ogni caso positiva. Confrontando l’esperienza (anche se forse il confronto è improprio) con convegni o cicli di conferenze o altre esperienze di formazione cui ho partecipato, ne ho senz’altro ricavato l’impressione di una dimensione culturale diversa, molto più ricca. I temi sono stati affrontati (vedi scheda) in modo ampio e con un’angolatura transnazionale. Vorrei soffermarmi, in particolare, sul contributo determinante dei formatori dell’HelP. Su un tema strettamente connesso con i crimini del Nazismo ed il loro peso sull’identità tedesca contemporanea, verificare le posizioni e le tesi presentate dai docenti tedeschi è stato utilissimo, anche in rapporto alla vicenda storica italiana, per tanti aspetti simile.

Come ho scritto nella scheda, il plurilinguismo dei corsisti è stato affrontato in modo adeguato. L’unico problema è stato, talvolta, un rallentamento dei lavori a causa delle traduzioni, ma abbiamo sempre avuto la possibilità di essere tradotti in quella delle due lingue (inglese, francese) che non comprendevamo o parlavamo bene. In qualche caso, per es. nel corso della visita al campo di Buchenwald, il gruppo è stato diviso in anglofoni e francofoni, ma solitamente, e soprattutto nel corso delle relazioni tenute in tedesco dagli esperti esterni (come si è verificato in 6 casi) rimanevamo insieme, e il prof. Kraatz traduceva in inglese, mentre la signora Holstein traduceva in francese.

Monitoraggio e disseminazione. Per me l’esperienza è stata enormemente positiva (ma può darsi che questo giudizio dipenda anche dal fatto che non ne avevo mai effettuate di simili), ed un docente trova sempre mille modi di mettere a frutto un’esperienza positiva. Credo che il finanziamento che l’Unione ha impiegato in questa esperienza (che suppongo sicuramente molto elevato) avrà una indubbia ricaduta positiva. Nello specifico, se quello che mi si chiede è in che modo preciso penso di utilizzare l’esperienza (verificandone, quindi, l’utilità), ebbene, penso di usare i materiali che mi sono stati forniti (o che ho acquistato sul posto) e il “diario” dell’esperienza che ho tenuto, per predisporre sia unità didattiche, sia presentazioni multimediali dell’esperienza (come precisato nella candidatura). Per me è già una verifica positiva l’avere inserito, da quest’anno, il tema dell’identità (prima assente e “non avvertito”) nella mia programmazione curricolare e in una unità interdisciplinare (con francese). Quanto alla disseminazione, essa avverrà sia in rapporto agli alunni, già in questo, ma sicuramente nei prossimi anni scolastici, sia in rapporto ai colleghi. Credo che sarò agevolata dal ruolo di “tutor” per l’insegnamento della storia che ricopro da qualche anno, che mi consentirà contatti con docenti anche di altre scuole.

Nella mia scuola, la disseminazione più adeguata è quella di predisporre una o più unità didattiche di storia, da somministrare sia nelle mie che in altre classi. Nel contesto più ampio, penso che una presentazione multimediale da inserire in un sito Internet (della scuola, del Provveditorato agli studio di Grosseto, o della stessa BDP), oppure la pubblicazione di una sintesi dell’esperienza su una rivista specialistica siano metodi più appropriati. Posso infatti sicuramente la mia scuola, ma anche sul Provveditorato agli studi e su alcune istituzioni locali. Sto anche cercando dei contatti con istituzioni culturali e riviste nazionali. Si tratta anche, da parte mia, di trovare il tempo necessario a riflettere sull’insieme dell’esperienza per distinguerne i vari aspetti. Vari, infatti, sono gli aspetti, e cioè i temi, da “disseminare”: il tema dell’identità tedesca – anche in rapporto con quello delle varie identità nazionali; quello dell’identità europea; quello dell’uso della memoria fatto dalla DDR; quello dei diversi approcci all’insegnamento della storia nei vari contesti nazionali; ed altri ancora.

Ai responsabili del corso ho già lasciato un breve articolo in inglese sul tema della identità italiana, che ho scritto dopo lo studio delle relazioni inviatemi in luglio (vedi sopra), prendendo spunto dalle tesi dello storico Gian Enrico Rusconi; l’articolo dovrebbe essere pubblicato dall’HelP. Come ho scritto ai curatori, vorrei lavorare sul rapporto fra “Identità italiana, identità cattolica e identità comunista”. Gli obiettivi del lavoro dovrebbero essere:

1.      quello di ricostruire le tappe dell’affermazione dello stato laico in Italia, attraverso alcune principali vicende del Noveceto (il ruolo dei cattolici nella politica italiana del primo Novecento, i rapporti fra Chiesa Cattolica e fascismo, la lotta anticomunista della Chiesa nel secondo dopoguerra, i contrasti fra laici e cattolici sul divorzio, l’aborto e le più recenti questioni bioetiche);

2.      quello di indagare sulla “fede” comunista (tra l’altro molto presente nella regione in cui lavoro, la Toscana) e sul suo eventuale predominio rispetto all’attaccamento alla nazione;

3.      quello di far indagare gli alunni su quale sia, oggi, il peso dell’identità cattolica e dell’identità comunista all’interno dell’identità italiana (e questo comporta una definizione di “identità cattolica”, di “identità comunista” e di “identità italiana”).

 

Con alcuni colleghi è stata prevista una precisa collaborazione che sta già portando alla proposta di un Comenius Az. 1 sull’uso della memoria nelle democrazie occidentali, che dovrebbe oinvolgere Francia, Italia, Germania, Spagna, Polonia e forse Ungheria. Con altri colleghi sono in corso dei contatti per realizzare delle corrispondenza fra i nostri alunni; con uno si sta cercando di creare contatti fra la nostra e delle scuole inglesi interessati a scambi culturali.

Quanto alle difficoltà, credo che la principale sia l’isolamento che di fatto circonda l’operato di un docente, poiché non è formalizzata alcuna modalità che consenta ad un docente di partecipare la sua esperienza, se non ai colleghi amici ed in modo informale. Dovrebbero essere previsti appositi finanziamenti per l’attività di disseminazione, altrimenti il finanziamento dato al docente rischia di produrre come risultato l’aggiornamento di quel singolo docente, che d’altra parte non può, da solo, farsi carico della disseminazione.

Quanto ai settori da studiare nei corsi di formazione continua, credo che non dovrebbe trattarsi di settori strettamente disciplinari, o genericamente pedagogici. Dovrebbe trattarsi di settori vicini all’esperienza del docente, in cui la necessità di un ammodernamento e di una “apertura europea” siano ormai urgenti e almeno già avvertiti, se non sperimentati. Credo si debba insistere su esperienze che spingano ad uniformare (senza appiattire), o almeno a rendere più simili ad un unico modello europeo gli insegnamenti nazionali delle varie discipline.

 

Caterina Albana

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